GIANCARLO GELSOMINO


Testi critici della mostra The Internal World of the External 1995

OESTELLO REMI
M. PUGLIESE & E. ROTA

OSTELLO REMI
Scrittore d’Arte


L’Instituto Italiano di Cultura di Melbourne accoglie con attenzione l’idea fi Giancarlo Gelsomino di inaugurare alla George Patton Gallery la mostra delle opere di Gianella Darbo e le sue personali, con la splendida cornice musicale dei compositori- pianisti Wendy Morrison e Andrew Ogburn.
L’idea di Gelsomino si sviluppare i rapporti di interscambio tra giovani artisti Australiani e Italiani rientra nella pura logica della diffusione delle due culture ed intende rafforzare i legami d’amicizia di reciproca compressione tra i due popoli attraversi ka valorizzazione del patrimonio culturale inalo-australiano e lo sforzo dei giovani artisti contemporanei che colgono gli aspetti qualificanti e l’identità delle culture della loro terra d’origine.

Questo giovane arista genovese, dal volto marcato da tratti apparentemente duri, scolpiti nella pietra, fa trasparire nelle sue opere quell’ispirazione poetica, istintiva e violenta che si ribella alla logica dei tempi ed impone il grido del fanciullino che, incurante dei perbenismi sociali, scopre ed afferma i valori reali degli uomini, della natura e delle cose, e segnala all’uomo gli orrori delle sue miserie, la dimenticanza dei suoi valori primari, l’abbondono spesso delle sue identità e delle sue mete quando sconsideratamente egli si allontana da quella terra che lo ha generato e a cui deve ritornare comunque.
Gelsomino sembra ritrovare sé stesso nell’arte aborigena, non dimentico certamente di quella cultura né di quella terra da cui proviene ed in cui ha fondato le sue prime radici. Durante il suo nomadismo artistico egli passa dalla maturità artigiana alle strutture lignee policrome che esprimono il mondo dei sogni e delle emozioni, espressi con simboli rituali, quasi religiosi, attraverso la gestualità.

Le creature totemiche, nonché i graffiti degli antichi nomadi esprimono la simbologia, il misticismo e la religiosità di quegli antenati che rivivono nella immaginazione dell’artista attraverso la sfida all’uomo contemporaneo affinché egli colga le percezioni di quei segnali e si avvii verso una terra nuova ed immensa capace di essere a misura di tutti.

Gelsomino trae dalla cultura aborigena quel destinati a vivere in perenne simbiosi, lontano dalle logiche materialistiche che li distraggono e ne annullano spesso i processi comunicativi. Il suo incontro con l’Australia attraverso i misteriosi sentieri degli antenati, riporta alla luce le figure totemiche della cultura tribale plasmate nell’argilla ed in armonia con gli elementi.

La poesia e la spiritualità di Gelsomino prevalgono con originalità sulla materia bruta da lui domata fino a scavarne il passato ed il presente, fino a segnare con la forza della fede la via estetica verso la sorgente della vita e dell’amore.

Viene spontaneo chiedersi per quale ragione Gelsomino, così convito delle sue idee difese quasi misantropicamente, così apparentemente individualista come noi latini, sente la necessità di esprimere il suo pensiero antropologico e sociale affiancando in questa mostra le sue opere con quelle di Gianella Darbo.

Forse l’artista Padovana ha colpito la sensibilità di Gelsomino quando, attraverso la sua volontà di far coesistere quelle forme chiuse ed aperte, sperimenta pratiche di nuova tecniche e materiali che, partendo dalla purezza monocromatica del bianco su bianco, giunge fino all’esplosione cromatica, e ciò su influsso dell’arte aborigena e dei colori forti dell’Australia esplosi anche nella simbologia degli animaletti. O forse Gelsomino trova piacere nella solidarità artistica della Darbo, affascinata come lui da quegli stessi miti.

Certo è che Gelsomino e Darbo anno molti punti in comune, pur seguendo quest’ultima un’altra strada, passando dalla monocromia iniziale delle sue precedenti esperienze alla trasparenza del materiale plastico, al gusto per la materia pittorica, all’interesse linguistico-pittorico per gli strumenti della pittura e dell’arte.
Anche Gianella svillupa il tema della potenzialità comunicativa dei colori violenti espressi con forza vitale. C’è in lei, come in Giancarlo, quella ricerca dell’essenzialità delle forme semplici manifestata con tensione artistica e speculazione filosofica nel gioco evolutivo dei colori.
Il contributo artistico di Gianella e Giancarlo merita tutta la nostra attenzione e gratitudine e rafforza la reciproca conoscenza delle nostre culture.

MARINA PUGLIESE E ELISABETTA ROTA
Assessore all’Arte Pubblica, Comune di Milano
Curatore d’Arte


“Linterno dell’esterno dell’interno”

Il rapporto con culture differenti propria ed il viaggio come strumento di confronto e conoscenza, rappresentano il perno comune intorno al quale ruotano con oscillazioni ed orbite differenti i percorsi di due artisti genovesi: Gianella Darbo e Giancarlo Gelsomino.
L’Australia è dunque la tappa più recente di un percorso che li ha portati insieme a Cuba ed in Spagna ed indipendentemente in diversi altri paesi. Giannella Darbo, affascinata durante la sua permanenza in Australia dalla tecnica e dai colori dell’arte aborigena, è tornata ora alla ricerca sul bianco passando dagli spessori della materia sulla tela, agli spessori della carta lavorata col torchio e rifinita ad acrilico.
Diversi tipi di carta solcati in più profondità a formare un gioco ottico e tattile che va oltre il segno in quanto tale. La luce al la materia continuano quindi ad essere protagonisti del lavoro della Darbo che mostra in queste ultime opere di aver ripreso e rielaborato in modo davvero efficace la sua ricerca.

Il sincretismo culturale è evidente nelle opere di Giancarlo Gelsomino.
Non tanto e non solo per il rapporto con l’arte preistorica ed aborigena – il colore spuntinato e la mano come segno primario – quanto nella stratificazione di interventi sula materia lignea delle sue culture, impronte del tempo e delle relazioni con molteplici espressioni di vita e cultura.
Gelsomino dimostra di saper risolvere con un segno personale le contaminazioni con l’esterno: meditandole, assorbendole e rielaborandole in modo assolutamente originale ed inconfondibile. Un “nomadismo artistico” quello di entrambi, il cui senso si ritrova ed arricchisce ad ogni tappa, ed il cui presupposto – leggibile anche in senso ontologico – è quello della continua ricerca e proiezione verso nuovi orizzonti.